Donna della settimana: Wangari Muta Maathai.... per fare un albero, ci vuole un seme

L’altro ieri, 22 agosto, è stato l’overshoot day, ossia il giorno in cui si esauriscono le risorse annuali della terra. In altre parole: da ieri fino al 31 dicembre saremo in debito con Madre Terra.
Non è che ci si possa sdebitare così facilmente, ma forse è bene in questa settimana, fare memoria di una donna speciale, che ha fatto della sua vita un inno all’ecologia integrale. Amando la terra. Amando i poveri, e insegnando i poveri ad amare la terra.
Il suo nome? Wangari Muta Maathai, di nazionalità kenyota, prima donna africana a vincere il Nobel per la pace, nel 2004.
Wangari, di etnia kikuyu, nasce all’ombra del Mount Kenya, in una nazione ancora sotto la colonizzazione degli inglesi. Il fratello convince la mamma a mandarla a scuola insieme a lui; a scuola si fa notare per la sua intelligenza tanto che i missionari di Nyeri la aiutano a continuare gli studi nell’unica scuola privata femminile, a Limuru, dalle suore di Loreto. Ci penseranno le suore, poi, ad aiutarla ad andare all’Università, niente meno che negli Stati Uniti.
Wangari studia biologia e poi torna nel suo paese e continua a studiare e insegna e capisce che il dono che le è stato fatto può e deve andare a beneficio di tutta la sua gente. E, professoressa all’ Università di Nairobi, dedica parte del suo tempo a… piantare alberi! Piantare alberi per combattere la desertificazione, curare la terra per aiutare i poveri. Wangari riunisce attorno a sé altra gente, donne soprattutto e fonda il cosiddetto Green Belt Movement, allo scopo di creare una cintura verde che fasci l’Africa di speranza.
Ma Wangari sa che tutto è profondamente interconnesso e che non basta piantare alberi. Occorre anche sdradicare pregiudizi e dare nuova speranza ai poveri. E così Wangari e le sue compagne iniziano ad impegnarsi in politica, contro le discriminazioni, per essere voce di chi non ha voce. E, dopo il Nobel, sarà eletta ministro dell’ambiente in Kenya, il suo paese.
Wangari oggi non c’è più, a causa di un cancro che se l’è portata via troppo presto. Ma Wangari c’è ancora, piccolo seme piantato nella fertile terra d’Africa e che continua a dare buoni frutti, continuando a testimoniare l’importanza di curare con amore la nostra casa comune. Insieme a tutti quelli che la abitano.