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Scusate il titolo irriverente, ma l’occasione è di quelle da non perdere.
Oggi la Parola di Dio ci fa contemplare la figura di una donna in carriera, Lidia, che gli Atti degli Apostoli presentano come “commerciante di porpora”. Lidia ha una sua attività, sicuramente ben avviata e sicuramente redditizia, tanto da essere menzionata anche da san Luca e, soprattutto tanto da consentirle da ospitare Paolo ed i suoi senza alcun problema… tutto a sue spese! In questa settimana in cui in Italia riaprono le attività commerciali, Lidia ci dà speranza. La speranza che tutto davvero potrà andare bene, mantenendo aperto l’orecchio all’ascolto, il cuore alla riflessione, la porta di casa all’accoglienza…
Paolo incontra Lidia, insieme ad altre donne, al fiume, dove i missionari si erano recati pensando che là avrebbero trovato gente riunita per pregare. Mi piace pensare che le donne fossero lì anche per un motivo più pratico, quello di lavare i panni e osservo un dettaglio: il cesto in cui Lidia aveva raccolto la biancheria da lavare e che rimane lì, quasi dimenticato, perché quello che conta adesso è la Parola.
Poi c’è Emilia. Emilia Kaczorowska, la mamma di Karol Wojtyla, di cui oggi ricorrono 100 anni dalla nascita. Emilia, cagionevole di salute, dolce, sorridente. Anche lei una donna attiva, una sarta che amava la moda, che non disdegnava di andare fino a Cracovia per comprare dei vestiti ad Edmund, il primogenito. San Giovanni Paolo II conserverà per tutta la vita un cesto di vimini appartenuto alla madre, il cesto in cui Emilia raccoglieva la biancheria, quei vestiti cuciti dalle sue mani o comprati in qualche negozio cittadino. Questa cesta dice di una vita ordinaria, in cui lo straordinario entra in punta di piedi… Come nella vita di Emilia che, con un sorriso ha saputo mettere a rischio la sua vita e ha donato al mondo Karol junior, San Giovanni Paolo II. Così, semplicemente.
Infine Rita. Rita da cascia, la cui memoria liturgica cade il prossimo 22 Maggio e che “è donna della pace, del perdono… un grande esempio di tolleranza, di altruismo, di pazienza… di accoglienza e di amore.” Anche qui c’è una cesta, una cesta di vimini in cui però stavolta non è riposta la biancheria ma una bambina. Rita, appunto. Si racconta che dopo qualche mese dalla nascita, i genitori presero a portare la neonata con loro durante il lavoro nei campi, riponendola in una cesta di vimini. Un giorno, mentre la piccola riposava all’ombra di un albero e i genitori stavano un po’ più lontani, uno sciame di api bianche le circondò la testa senza pungerla, anzi alcune di esse entrarono nella bocca della piccola depositandovi del miele. Nel frattempo un contadino che si era ferito ad una mano, lasciò il lavoro per farsi medicare; passando davanti al cestello e visto la scena, prese a cacciare via le api e qui avvenne la seconda fase del prodigio, man mano che scosse e braccia per farle andare via, la ferita si rimarginò completamente. L’uomo gridò al miracolo e con lui tutti gli abitanti di Roccaporena, che seppero del prodigio.
Tre donne, tre ceste. Una santità, la loro, che ha curato il dettaglio, perché attenta alle piccole cose quotidiane. Una santità sminuzzata nell’ordinarietà della vita, nell’accoglienza e nella riconciliazione quotidiana… Buona settimana!

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Alla fine di questa settimana, il giorno 10 maggio, ricorre un anonimo anniversario: quello della nascita al cielo di una giovane consacrata. 55 anni fa moriva a Rivarolo Canavese, nella terra di Madre Antonia, una suora giovanissima, di soli 23 anni. Sr. Crocifissa Maria dei SS. Apostoli, al secolo Iraide Gambi. Una vita breve la sua e non molto ricca di avvenimenti, tuttavia costellata di sofferenze. La sofferenza morale per un padre violento; la sofferenza fisica delle privazioni, delle offerte, dei sacrifici ed infine della malattia.
In un ambiente familiare sicuramente sfavorevole a qualsiasi opzione vocazionale, la piccola Iraide -già ad 11 anni- sceglie da che parte stare. Dalla parte di Gesù. Per questa scelta non teme di mettersi anche “contro” al padre bestemmiatore; anzi, scegliere Gesù per lei è motivo per pensare alla salvezza paterna. Non è scappare dalle difficoltà quanto piuttosto fare un passo in avanti per risolverle.
Iraide ha intuito che Gesù è il tutto e a Lui non si può dare meno di tutto. A Lui ella dona tutta la sua giovane vita, fatta di piccole cose. A lui dona il suo tesoro prezioso, la malattia, che diventa così strumento per continuare a pregare per la salute morale del proprio genitore. Le poche fotografie che la ritraggono, ci restituiscono il ritratto di una giovane esile e sorridente, con due occhi grandi e luminosi.
Questi occhi, più che la sua biografia apparentemente anonima e scarna di grandi eventi, ci danno la chiave di lettura della vita di Iraide, sintetizzabile con una sola parola: Passione. Canta il poeta che gioia e dolore hanno il confine incerto, proprio come la parola passione, che per sua natura è ambivalente. Passione è l’amore e passione è il dolore.

Iraide ha vissuto con Passione, donandosi all’amore ed accogliendo il dolore. Ed io? Per chi o per cosa mi appassiono?

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Oggi la Chiesa fa memoria di S. Caterina da Siena, patrona d’Italia, compatrona d’Europa, vergine e dottore della Chiesa. Una sfilza di “titoli” per una giovane morta a soli 33 anni, che imparò a leggere e a scrivere solo da grande e che soffrì molto nella propria vita, dal punto di vista fisico e non solo. Insomma, una donna grande nella sua semplicità o, meglio, grande per la sua semplicità, cioè grande della Sapienza di Dio, che rivela i suoi segreti ai piccoli e confonde invece i superbi.
Il 20 agosto 2000, a conclusione del Grande Giubileo dei Giovani, a Tor Vergata, Papa Giovanni Paolo II, citò proprio una frase di Santa Caterina da Siena, estendendola non alla sola Italia bensì al mondo intero, per spalancare ai giovani le porte della missione nel Terzo Millennio: «Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutta il mondo».
Nella lettera originale (Lettera n° 368), scritta a Stefano Maconi, Caterina ammoniva il caro discepolo contro la tiepidezza, causata dall’ingratitudine che nasce dal non riconoscere l’Amore di Dio ed i molti benefici da lui ricevuti… E Caterina continua: «se in verità li vedessimo, il cuore nostro arderebbe di fuoco d’amore; e saremmo affamati del tempo, esercitandolo con molta sollicitudine in onore di Dio e salute delle anime».
L’intercessione di Santa Caterina ci faccia fuggire atterriti dalla tiepidezza; ci doni il coraggio di essere quello che dobbiamo essere, di divenire ciò che -davanti a Dio- siamo, per poter diventare “piromani di Dio”. quelli che mettono fuoco, ma fuoco d’amore, d’entusiasmo e di missione, a tutto il mondo.
Accendiamoci!

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Mercoledì, 02 Gennaio 2019 17:27

come se vedessero l'invisibile

Come se vedessero l’invisibile

E’ il titolo -tratto dall’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, n°150- del Convegno Nazionale di Pastorale vocazionale, che si svolgerà a Roma dal 3 al 5 gennaio. Vi partecipiamo anche noi, per ribadire il nostro impegno per i giovani e con i giovani, affinché ognuno possa scoprire la propria strada nella vita e nella Chiesa. Tre giorni per vedere l’invisibile, guardare la realtà, riconoscere la santità e scegliere il futuro… Noi ci siamo! Noi ci stiamo!

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